Questa sera ho il piacere di discutere di un libro che mi ha incuriosita già dal titolo e poi affascinata sin dalle prime pagine e, mentre leggevo l’incipit del secondo capitolo, mi sono sentita trasportare in un tempo passato ed ho rivissuto una dimensione umana e psicologica che conoscevo bene ma che forse non avevo mai esplorato fino in fondo.
Il treno della scienza, viaggio senza fine, trae ispirazione dall’esperienza del viaggio, descritta come momento di vita di chi ha lavorato nella scuola, ma che appartiene sicuramente a quanti per lavoro sono costretti a fare i pendolari.
Il treno, ancora oggi, anche se diverso da quello di un secolo fa, affascina ed emoziona “corre e sa, ascolta in silenzio, sente le parole ed i pensieri, custodisce i desideri ed i segreti”- afferma l’autore- e viene descritto come un immenso contenitore, dove ciascuna persona diviene protagonista di un “νόστος”, quel viaggio interiore che i greci intendevano come il viaggio dell’anima e della mente.
E’ quell’anima viaggiante dalle molteplici sfaccettature che assorbe e, nella sua poliedricità, elabora percorsi di vita intensi, i quali, per la fluidità che li contraddistingue, veicolano da un personaggio all’altro e diventano poi patrimonio comune.
“Sarà perché i binari sembrano non finire mai” dice l’autore, che lasciano spazio ad infinite immaginazioni e possono esplicitarsi sia con i voli pindarici e patologici di Belluca de “Il treno ha fischiato” che con sentimenti introspettivi e con escursioni nel mondo interiore, viaggiando nei labirinti dell’anima.
Il treno della scienza, al di là dello specifico significato del titolo, ha un profondo valore psicologico nelle diverse rappresentazioni dei personaggi che interagiscono e si alternano all’interno dei vagoni, in tempi chiaramente diversificati. Molti di essi sono presentati con abilità descrittiva, con dovizia di particolari nelle loro fattezze fisiche che, a volte, sono espressioni dell’animo.
All’interno delle carrozze i personaggi esprimono i loro pensieri, i desideri, le sensazioni e non sono espressione dei pupari siciliani ma sono autentici ψυχή, il loro animo a volte si mette a nudo ed essi si sentono liberi di raccontarsi e di mostrare le proprie fragilità e i propri vuoti esistenziali e di aprirsi a nuove relazioni che, almeno al momento, sembra possano colmare mancanze intime e crepe che, nelle difficoltà accentuate dalle distanze quotidiane, diventano profonde spaccature.
Nel romanzo, tra le righe, si propone l’amore nella varietà delle forme quasi come protagonista assoluto, in fondo è l’amore il vero motore del mondo e, principalmente, della psiche di ciascun individuo, mentre il dialogo che scaturisce da una semplice espressione del viso, si articola in maniera semplice e complessa allo stesso tempo ed evidenzia l’agitarsi delle emozioni, l’universo interiore che ci portiamo dentro pieno di speranze, ansie, ombre, delusioni e bellezza. .
Le anime si incontrano e si scontrano, si innamorano e vivono intense sensazioni che a tratti alleviano sofferenze o fanno emergere quelle ancestrali contraddizioni che hanno sempre tormentato l’animo umano.
Tanti e diversificati sono i personaggi che popolano il treno della scienza ma quattro sono i protagonisti: Marco, Ester, Laura ed Alberto proposti con una specifica identità, peraltro, attorno e dentro di loro, sono variegate le personalità che fanno capolino; sono spesso sommersi da sensi di colpa ma al contempo si autoassolvono nel convincimento del bisogno di una felicità pur se effimera e momentanea.
A questo complesso mondo interiore fanno da cornice la Sicilia e la sicilianità e da sfondo il complesso mondo della scuola.
Il paesaggio siciliano, isola solare e assolata, è descritto nella varietà dei colori che lo rendono unico ed estremamente bello e il libro lo propone come contesto vivo e interattivo, inducendo il lettore a scoprirlo e ad assaporarlo lentamente nei suoi mille volti, ma – soprattutto – invita a viverlo suggestionando con le parole la mente di chi legge, al punto tale che quasi si percepiscono attraverso i sensi anche gli odori e i sapori.
E’ – dunque- la figurazione melodiosa e lacerata della Sicilia e racconta con grande perizia le contraddizioni insite di questa terra bellissima, con paesaggi mozzafiato ma anche con anfratti che incutono paura, coste su cui transitano i treni carichi di emozioni ma dalle strutture obsolete e talora drammaticamente dissestati, evidentemente in contrasto con lo scorrere del tempo per la loro esagerata lentezza, che però consente di osservare bene il territorio a volte in stato di abbandono per l’incuria o la povertà degli interventi di tutela o di restauro.
E poi la scuola che spesso manca dell’indispensabile per una accoglienza ideale degli studenti che, certe volte devono affrontare tanti sacrifici per poter completare il proprio percorso di crescita umana e culturale.
“La scuola con i suoi ritmi cannibalizza la vita” – sostiene l’autore – con grande forza, ma al contempo ha un effetto catartico perché purifica l’animo facendolo immergere negli effluvi limpidi e sereni della poesia o nella fredda razionalità delle formule chimiche o matematiche.
L’attenzione dell’autore, comunque, è rivolta alle fatiche giornaliere dei docenti, dentro e fuori dal treno, alla preparazione delle lezioni e al confronto più o meno sereno con i colleghi, alle complicate relazioni con il mondo in continuo divenire degli adolescenti, un mondo ansioso e frastornato da uragani emozionali e, non ultimi, i mille adempimenti, le iniziative e i complessi rapporti con le famiglie, genitori alle prese con una ingente pluralità di problemi e con le strutturali difficoltà del proprio ruolo educativo.
È così che il tempo trascorre e il “carpe diem” di Orazio in alcuni attimi sembra perdere il suo significato, perché le stagioni si susseguono e si inseguono, le tiepidi primavere divengono tristi e freddi inverni, sempre comunque mitigati dal tepore del sole siciliano, αδράξει την ημέρα Carpe diem quam minimum credula postero” (” cogli l’attimo confidando il meno possibile nel domani” assume il significato della ricerca del καϊροσ, momento perfetto che non esiste e si chiude l’anno e la vita su quel treno si ferma bruscamente e con l’arrivo dell’estate si chiude un percorso iniziato e mai concluso, perché il treno della vita ha molte fermate, con salite e discese di personaggi, ma dalla stazione del terminale non si torna indietro.
Il treno della scienza ricomincia nel nuovo anno scolastico con vecchi e nuovi personaggi, con vecchie e nuove storie, con sempre mutevoli emozioni, con insolite conoscenze e intensi confronti, è diverso e uguale al treno della vita, perché raccoglie tante storie e le conserva, solo i personaggi possono tramutarli in valori e tramandarli come insegnamenti di vita e non solo di scuola.
Questo è il messaggio fondamentale del testo, per cui la drammaticità della conclusione del libro, che potrebbe sembrare preludio di una fine, in effetti non è altro che un invito ad una continua analisi interiore per procedere con entusiasmo e vigore verso nuove e sempre più proficue mete che la vita, come il treno, ci apparecchia.
Giuseppina Germanò (Dirigente Scolastico in quiescienza)