Recensione di Antonella Molica Franco sul romanzo “Salire sempre più in alto fino a toccare il cielo”.

Un po’ di tempo fa un uomo, non dissimile da uno dei protagonisti di questo romanzo, Angelo, mi disse “non c’è concentrazione senza prima ampia dispersione”. Nel leggere il testo mi sono tornate in mente queste parole. Attraverso un viaggio in salita, una salita che è insieme fisica e tangibile, ma anche metafisica e metaforica, le vite di Angelo, Chiara, Luca, Anna, Flora e Luigi si disperdono e confondono “nel tormento del viaggio”; per poi concentrarsi, che etimologicamente vuol dire convergere, in uno stesso punto.

La caoticità del reale trova mimesi in una trama ricca e costellata da contraddizioni che però sono solo apparenti. Questo equilibrio sottile fra coppie antinomiche regge in piedi la trama di questo testo: i personaggi navigano le contraddizioni di discesa e ascesa, disperazione e concentrazione, pienezza e mancanza, per trovare finalmente una risoluzione finale, dove gli opposti si compenetrano. 

Ascendere con grande difficoltà, per poi lasciarsi andare a un salto nel vuoto; concentrare la propria vita su una strada e seguirla, per poi arrivare a disperdersi, diventando un tutt’uno con il paesaggio; riempirsi di nuovo coraggio per potersi finalmente lasciare andare al e nel vuoto: “È un salto ed insieme sono sospesi nel vuoto.”, come recita il testo. 

Per essere in grado di salire sempre più in alto, però, bisogna lasciare indietro le proprie zavorre, come insegnava Seneca al suo amico Lucilio “Onus animi deponendum est” (Seneca, Epistula 28). 

Questo onus che i tipi umani che costellano l’universo di Castrovinci devono deporre è un peso fisi- co, familiare, violento, è l’incarnazione di un amore non corrisposto, è frustrazione e castrazione.

Con tinte a tratti di realismo verghiano nelle descrizioni dei profili umani, l’autore adotta però uno stile di scrittura molto personale, dove la dimensione della tangibilità e quella della metafisica si confondono, poiché si compenetrano. Le scelte lessicali regalano continui parallelismi tra i vari piani in cui i personaggi, come personaggi sveviani, lottano per la propria ascesa: la sessualità e il cibo, la sazietà a l’ingordigia, la violenza e la sicurezza coniugale, e così via. E di queste dimensioni, lo stile coglie la complessità della loro materialità, ma anche di ciò che rappresentano per i personaggi, il loro costituirsi in un universo di richiami simbolici.

Un esempio di questa scrittura al tempo stesso capace di evocare tangibilità e metafora è il modo in cui l’autore descrive il rapporto di Angelo con il suo peso. Se da un lato viene subito in mente il “noi siamo ciò che mangiamo” di Feuerbache, dall’altro viene da pensare che non sono le scelte alimentari che facciamo a definirci, ma anche il modo in cui le facciamo, la mancanza di controllo, l’edonismo, la golosità che nel cibo ha solo un epifenomeno, ma va molto più a fondo, rendendo l’uomo un “cannibale di emozioni”. La scrittura di Castrovinci è al tempo stesso capace di descrivere realisticamente il rapporto del personaggio con un elemento problematico della sua vita quotidiana, e al tempo stesso penetrare nella psiche del personaggio, restituendo al lettore tutta la complessità che anche un problema piccolo, parvus, può nascondere.

E ancora, un altro tema che tesse insieme come un fil rouge le trame dei personaggi, l’amore, non è rappresentato in modo semplice e banale. “L’amore che quando meno te lo aspetti ti cambia la vita”, è un amore dai vari volti e dalle varie sfaccettature: si propaga all’esterno e coinvolge altri corpi e altre menti; ma è anche un amore che deve prima, con difficoltà, farsi spazio all’interno; è un amore carnale, fatto di sensualità e scoperta, ma è anche una spinta spirituale che trova la sua apoteosi nel ricongiungimento dei personaggi con la loro dimensione più intima.

Questa faticosa ascesa sempre più in alto, che Castrovinci ci presenta, è un viaggio tutto umano, in cui a (dis) perdersi per poi ritrovarsi non sono solo i protagonisti della storia, ma in ultima istanza, anche il lettore, che invitato a sentire insieme ad Angelo, Chiara, Luca, Anna, Flora e Luigi, può avere la sua propria risoluzione, la sua propria catarsi.

Antonella Molica Franco (Docente di Lettere Liceo Vittorio Emanuele di Patti)

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